CAPITOLO 9 -Non ho ancora vinto-
Bill accarezzò il viso della ragazza che a sua volta strinse quella mano sulla sua guancia.
"Come potevi credere che io avessi un altro ragazzo se..." si interruppe
"Se?" la incalzò dolcemente
"Se l'unica persona che desidero di riuscire a vedere sei tu...non le stelle, non i fiori, non il sole...solo tu...hai vinto Bill Kaulitz. Mi hai fatto venire la voglia di vedere per poter ammirare la cosa più bella che c'è a questo mondo: tu"
"Io non ho ancora vinto...devo avverarlo il tuo desiderio" e così dicendo la cinse per i fianchi e la sollevò delicatamente sulle punte. Avvicinò il viso al suo ed Alice chiudendo gli occhi poggiò un dito sulle labbra del ragazzo, che poi fece scivolare sotto il suo mento che accarezzava con piccoli movimenti. Bill si lasciò deliziare da quel piacevole tocco appena accennato, mentre il cuore gli scalpitava impazzito nel petto come se volesse distruggere la gabbia toracica che lo imprigionava per poter battere ancora più forte. Erano anni che non provava una cosa del genere, anzi non l'aveva mai provata così intensa e violenta.
Con la punta del suo naso sfiorò quello di Alice, poi sulla fronte di lei posò un leggero bacio. Le labbra leggermente dischiuse di Bill scesero fino ad incontrare quelle della ragazza. Sorrise teneramente e le baciò.
Un dolce sapore gli invase il palato e continuò a baciarla con una passione casta.
Le mani di Alice dalla nuca si infiltrarono tra i suoi capelli. Erano morbidi e ci giocherellava arricciandoli tra le dita o semplicemente spettinandoli leggermente.
Mentre lo baciava si chiedeva come fosse il suo Bill. Da quando aveva toccato il suo viso quella sera al parco quel pensiero la tormentava. Voleva tanto vederle quelle labbra da cui usciva quella calda voce che cantava parole cariche di malinconia e che adesso la baciavano, voleva vederli quegli occhi che ogni giorno la osservavano e che vedevano il mondo al posto suo, voleva vederlo ogni suo sorriso.
"Sei il mio angelo, lo sai?" le sussurrò
"Sono stata fortunata quel giorno in cui mi hai urtato"
"E pensare che quella mattina ero così triste ed arrabbiato..."
"Shhh" Alice posò l'indice sulla bocca del ragazzo "Niente più tristezza! Non voglio vederti più in quel modo"
"Non accadrà, adesso sono completo, felice. Ho te e finalmente posso smettere di registrare. Mi prenderò una lunghissima pausa, ti dedicherò ogni singolo giorno".
Alice non ebbe il tempo di rispondere che Tom interruppe quella dolce scenetta.
"Ehm mi dispiace interrompere le vostre smancerie, ma Houston abbiamo un problema"
"Che succede?" chiese Bill aggrottando la fronte.
Il ragazzo si grattò la testa ed arricciando il naso disse "La casa discografica sta facendo un sacco di storie...ho provato di tutto, ma sono irremovibili...minacciano cose assurde".
Bill sospirò scocciato e con la voce rauca mormorò "Sto venendo" poi si girò verso Alice "Devo andare, ci vediamo dopo".
La ragazza annuì "Bill, comunque andranno le cose non disperare, per favore" e gli accarezzò una guancia. Il ragazzo sfiorò la mano e poi seguendo Tom si diresse a combattere la sua più grande battaglia.
Se per Dante il diavolo stava nelle viscere della Terra, per Bill l'ultimo girone dell'inferno stava proprio sulla sua testa: al trentesimo piano.
Quando le porte dell'ascensore si aprirono davanti all'ampio ufficio del direttore degli studi e quindi della casa discografica il suo cuore iniziò a battere di nuovo forte, ma stavolta non per la felicità, ma per l'ansia. Avrebbe dovuto difendersi con le unghie e con i denti. Non voleva uscire da quel posto sconfitto.
La stanza aveva un pavimento lucido di un bianco sporco, su cui al centro troneggiava un enorme tappeto persiano che stonava con l'arredamento moderno che lo circondava. Un divanetto in pelle nera affiancato da un piccolo tavolino di vetro erano situati alla loro destra, mentre sulla parete di sinistra vi era un maestoso quadro astratto raffigurante varie forme geometriche di varie tonalità di grigio e blu, in un angolo stava un minibar dal bancone cromato dove dietro un sfilza di bicchieri da cocktail, champagne e wisky stavano sistemati uno accanto all'altro. La parete di fronte a loro, invece, era completamente in vetro e mostrava un grandioso panoramo di Los Angeles. La luce del sole entrava nella stanza inondandola con tutta la sua potenza facendo brillare il pavimento lucido e lindo. Davanti alle vetrate vi era posta una massiccia scrivania in legno laccata di nero su cui stava un sofisticato computer. Dietro, seduto comodamente nella sedia che richiamava il design dei divanetti, c'era un uomo dall'abbigliamento elegante nel suo abito gessato e la sua cravatta di raso di un bordeaux acceso. Sul viso coronato da capelli neri leggermente mossi teneva un pizzetto un pò sbiancato curato nei minimi particolari.
"Oh Bill, Tom accomodatevi e spiegatemi il perchè di questa decisione" disse quando li vide indicando due poltrone simili alla sua davanti alla scrivania.
"Ultimamente sono molto stanco, stressato e non riesco a cantare come vorrei, non riesco nemmeno a registrare il disco ed è per questo che vorrei prendermi una lunga pausa, inoltre voglio iniziare a vivere la mia vita. Ho dato tutto per la band e credo di meritarmi un pò di tranquillità" disse Bill sedendosi e cercando di risultare il più calmo possibile.
"Quello che mi chiedi è impossibile, purtroppo...il contratto non è scaduto, i fan aspettano un nuovo disco, la data di consegna si sta avvicinando e ancora il lavoro non è ultimato: hai idea di quello che mi stai chiedendo? Concederti una pausa per me sarebbe una follia! Perderei un sacco di profitti!"
"Al diavolo i profitti! Qui si sta parlando della mia vita! Voi non avete il diritto di obbligarmi a cantare, io firmando quel contratto non vi ho venduto la mia anima!" protestò Bill con la voce alterata
"Questo è vero, ma possiamo portarti in tribunale...dovresti pagarci molti soldi per i danni che ci causerai e io non vorrei che finisse così".
Ogni parola che usciva dalla bocca di quell'uomo dava la nausea a Bill. Sentiva le mani prudergli per il nervoso. Provava disprezzo. Per quella gente contava il denaro, più ne avevano e più ne volevano. Che ignobile sentimento era l'avarizia!
"Prendeteveli tutti i vostri maledetti soldi! Per me ci sono cose molto più importanti del denaro!" urlò alzandosi e sbattendo i palmi delle mani sulla scrivania che vibrò facendo tintennare due bicchieri e una bottiglia di brandy che gli stavano accanto.
Se ne andò seguito da Tom, che una volta dentro l'ascensore, gli posò una mano sulla spalla in segno di conforto e gli domandò "Allora che farai?"
"Sono costretto a rimanere, non posso trascinarti in fondo insieme a me..."
"No, Bill se non vuoi non devi. La tua vita e la tua salute sono più importanti di ogni macchina costosa e di ogni lusso"
"Grazie, Tom, ma cercherò di resistere un altro pò".
Le porte si aprirono e nel bel mezzo del corridoio trovarono David ed Alice, entrambi visibilmente preoccupati, li avevano dovuti aspettare per un bel pò.
"Allora ragazzi com'è andata?"
"Quei tipi sono proprio dei succhia soldi!...Dovrai vedere le nostre brutte facce ancora per un pò" rispose Tom ironico per sdrammatizzare
"Bill è tutto ok?" domandò Alice
"Si, piccola" mormorò il ragazzo abbracciandola.
Da una parte, forse era meglio così. Continuando a fare l'automa avrebbe evitato una vita difficile al fratello e avrebbe potuto avverare il desiderio di Alice. Gliel'aveva promesso, gliel'avrebbe fatto rivedere il cielo azzurro, l'avrebbe potuto vedere il suo viso, come lui vedeva il suo.
Con quel pensiero si consolò. E poi adesso che stava amando, adesso che si sentiva importante per qualcuno la sua sofferenza era diminuita drasticamente. Ora era sereno, ora si sentiva vivo.
L'amore di Alice lo stava salvando dal male più grande: la solitudine.
CAPITOLO 10 -Ho paura-
La domenica mattina a Los Angeles era come se fosse un ordinario giorno di settimana. Le strade erano sempre trafficate, i marciapiedi straripanti di gente ed i negozi affollati.
Quel giorno il cielo era limpido ed azzurrino e il sole splendente lo coronava avvolgendo con i suoi raggi la città. L'aria era tiepida e densa di rumori: dalle chiacchiere delle persone ai rumori dei clacson che di tanto in tanto squarciavano violenti le particelle d'aria.
Bill indossava una leggera canotta nera aderente accompagnata da un paio di pantaloni scuri, mentre il suo viso era adornato da occhiali da sole e un berretto da baseball in testa.
Aveva dato appuntamento ad Alice per passare la giornata insieme, solo loro due, lontano dagli studi dove abitualmente si incontravano, lontano da tutti. Le aveva detto che sarebbe andato a prenderla lui, ma lei alzando un dito a mo di sentenza ed arricciando leggermente le labbra categoricamente aveva detto di no e che si sarebbero incontrati direttamente sul posto, sostenendo che venirla a prendere fino a sotto casa la faceva sentire un peso.
Bill ripensandoci sorrise scuotendo la testa, poi controllò l'orario sul suo orologio da polso e notò che era nettamente in ritardo. Si guardò intorno per cercarla con lo sguardo, ma non la trovò. Andò all'entrata di Venice Beach e finalmente vide Alice arrivare con addosso un delizioso vestito turchese. Le andò in contro.
"Scusi signorina, lo sa che è meravigliosa?" disse tirandola a sè
"Oh, me lo dicono in molti. Faccio quello che posso"
"In molti? Chi sono questi molti? Se la devono vedere con me?" fece Bill aggrottando la fronte.
Alice sorrise divertita "Non c'è bisogno, per me neanche esistono quei molti...per me ci sei solo tu" mormorò schioccandogli un bacio a stampo.
Bill sfiorò la graziosa fossetta che si era formata in un angolo della bocca della ragazza "Ecco...ma non pensare di cavartela semplicemente così..." le sussurrò rauco "...awrrr io ti mangio" continuò mordendole lievemente il collo.
Alice rise "Il mio fidanzato è un leone" disse, poi aggiunse maliziosamente "Ma io sono una leonessa e posso mangiarti anch'io"
"Davvero? Wow la cosa mi intriga. Allora mangiami sono qui"
"Non mi provocare"
"Se no?" gli soffiò in viso Bill stringendola ancora di più e posandole un dito sotto il mento avvicinò il viso al suo
"L'hai voluto tu" sussurrò Alice che passando un mano sulla sua nuca lo spinse ancora più vicino al proprio viso e, inaspettatamente per Bill, si impadronì della sua bocca con una passione rovente.
Si lasciò mangiare piacevolmente le labbra che la ragazza si divertiva a mordicchiare, per poi cercare la sua lingua a cui saldamente si incatenava ed intrecciava. Quando meno se l'aspettava questa gli scappava via e allora la rincorreva per farla di nuovo sua.
"Così non mi mangi, mi divori" disse Bill con il respiro affannato una volta terminato quel bacio per la mancanza d'ossigeno
"Ti avevo detto di non provocarmi" rispose Alice soddisfatta dando un colpetto con il polpastrello del suo indice sul naso del ragazzo
"Devo ricordarmi di provocarti più spesso...adesso che ne dici di un bel gelato? Qui c'è un posto che ne fa di buonissimi...uff che faticaccia devo riprendermi" disse sventolandosi con la mano
"Esagerato! Sei proprio un vecchiaccio!" si lamentò la ragazza appendendosi al suo braccio come un koala al suo ramo di eucalipto.
Bill rise "Però non potresti vivere senza questo vecchiaccio"
"Si, si certo. Adesso andiamo però"
"Agli ordini principessa".
Mano nella mano passeggiarono per il lungo viale traficcato da ragazzi in rollerblade, persone con i propri cani, coppiette e persone sole.
La strada da un lato si ramificava in tanti piccoli sentieri ai cui lati vi erano dei prati verdissimi su cui affondavano le loro radici le altissime palme dai tronchi sottili e le fronde vaporose. Seguendo quei sentieri si arrivata alla spiaggia, che già si vedeva in lontananza. Dall'altro lato, invece, stavano edifici dalle varie dimensioni: si potevano trovare dai palazzi di media grandezza ai piccoli locali articolati solo sul piano terra. Lì trovavano sede negozi di surf, souvenir, costumi da bagno e bar. Ogni singolo edificio era unico nel suo genere perchè decorato con magnifici graffiti dai colori sgargianti. Sul lato di uno, in particolare, c'era la rivisitazione della Venere di Botticelli.
Bill avrebbe voluto mostrarla ad Alice, ma lei non poteva vederla e provò rammarico per questo.
Presero due maxi coni con la panna e le cannucce ricoperte di cioccolato di cui uno alla nocciola e stracciatella e l'altro al pistacchio e fragola.
Il ragazzo leccò la sua palla alla nocciala, mentre per mano teneva Alice, quando accanto gli passò la stessa coppia che vide quel giorno fermo al semaforo. Un sorriso gli scappò e strinse di più la mano della ragazza. Non aveva più niente da invidiargli. Adesso anche lui aveva la sua dolce metà con cui passeggiare mano nella mano.
"E' la prima volta che vengo a Venice Beach" osservò Alice
"Davvero?" fece Bill sorpreso
"Si...abito a Los Angeles e non sono mai venuta qui, lo so è strano, ma che ci vengo a fare se non posso neanche vederla? Tutti dicono che è bella, che c'è persino un graffito che raffigura la Venere..."
"Si, c'è...l'abbiamo appena passato".
Alice abbassò la testa e Bill non ebbe il coraggio di aprire bocca, anche perchè le parole che fino a pochi minuti fa gli avevano affollato la mente ora erano svanite.
Imboccarono una delle tante stradine tra il prato e passarono davanti ad un gruppo di palme dai tronchi completamente ricoperti da graffiti e scritte, qualche metro più in là stavano alcuni barili, anch'essi interamente dipinti. Lì l'arte trovava ogni forma di espressione.
Il tintinnio del campanello di una bicicletta li fece sussultare e un attimo dopo una bambina gli sfrecciò accanto.
Continuarono a passeggiare fino ad arrivare sulla spiaggia dove vi erano dei piccoli castelli in legno con tanto di scivolo dove i bambini si divertivano a giocare. Il mare era leggermente increspato dal lieve venticello che soffiava trasportando fino alle loro narici l'aria salmastra. Le fronde delle palme si muovevano piano producendo un impercettibile fruscio prevaricato dagli schiamazzi della gente sulla battigia.
"Siamo sulla spiaggia vero?" domandò Alice che scrollava i piedi invasi dalla sabbia fine
"Si".
A quella risposta si abbassò e tolse i sandali che tenne per i lacci in una mano.
"Senti tesoro a proposito del fatto di riuscire a vedere...l'altro giorno ho fatto un pò di ricerche su internet ed ho visto che a Chicago c'è un'ottima clinica oculistica..."
"Bill, per favore non prenderti queste brighe"
"Per me non sono brighe e poi perchè non dovrei? Adesso stiamo insieme e tu mi hai detto che vuoi vedere"
"Non ho detto che voglio vedere, ma che mi piacerebbe"
"La differenza non è molta"
"Invece si!".
Bill aggrottò la fronte serio "Alice quando si parla di questo argomento in non lo so che ti succede. Sei in continua contraddizione! Un giorno mi dici che vuoi vedere e il giorno dopo ti rimangi tutto! Io proprio non riesco a capirti"
"Non te la prendere, sono io il problema...scusami"
"Io vorrei solo capire qual è il motivo che ti fa tornare indietro. Dici di volermi vedere e poi lo neghi. Vuoi o non vuoi vedermi? Vuoi o non vuoi ritornare qui e poter vedere tutto quello che gli altri vedono?".
Alice si fermò di colpo e lasciando cadere i sandali sulla sabbia si portò le mani davanti al viso. Bill si sentì terribilmente in colpa: farla piangere era l'ultima cosa che voleva.
"Piccola no, non volevo farti piangere" disse avvicinandosi e alzando una mano per asciugarle le lacrime, ma lei indietreggiò impedendoglielo.
"Bill io voglio vederti! Non c'è cosa che desideri di più al mondo! Ma ho paura!"
"Di cosa hai paura?"
"Di tutto! Ho paura di illudermi di riuscire ad riacquistare la vista, quando non sarebbe così! Ho paura di vedere di nuovo il mondo che mi circonda! Dovrei iniziare tutto da zero, sarebbe una nuova vita per me! Dovrei imparare a leggere, scrivere, persino con il violino sarebbe tutto diverso! Ed ho paura di...te"
"Di me?" mormorò attonito
"Si! Adesso sei così dolce, premuroso, affettuoso, in poche parole sei perfetto! In questi giorni standoti accanto mi sono creata un'immagine di te ed ho paura che quando riuscirei a vederti quell'immagine non ti appartenga, ho paura che tu sia diverso, ho paura di un tuo cambiamento...lo so che non dovrei dire queste cose, ma il Bill che c'è nella mia mente è l'unica certezza che ho di te! Per me sarebbe come addormentarmi con una persona accanto e l'indomani svegliarmi con un'altra"
"Per te quindi è l'aspetto fisico che conta?"
"No! Non mi interessa se sei bello o brutto! Io...è il cambiamento che mi spaventa! Dovresti darmi del tempo per abituarmi al tuo nuovo aspetto..."
"Ti darei tutto il tempo che vuoi, ma credi davvero che io ti lascerei alla deriva? Prima dell'operazione che ti catapulterebbe nella tua nuova vita io sarei costantemente al tuo fianco, come anche dopo! Ti aiuterei giorno dopo giorno per prepararti all'evento e renderti meno pesante il cambiamento"
"D-davvero?"
"Certo! Alice io ti devo la mia vita. Mi hai salvato dall'autodistruzione ed ora tocca a me salvare te...io ti amo!"
"Oh, Bill!" mormorò la ragazza con gli occhi ancora lucidi buttandosi contro il ragazzo che la strinse con una forza delicata tra le sue braccia "Ok, fammi vedere. Non ho più paura adesso che so che ti avrò al mio fianco".
CAPITOLO 11 -Sul tetto-
Il mattino seguente Bill andò agli studi e durante la pausa volò immediatamente da Alice.
La trovò ad armeggiare con la macchinetta degli snack appena fuori alla sua sala di registrazione. Senza farla accorgere della sua presenza le si avvicinò e poi l'abbracciò da dietro.
"Buongiorno piccola mia"
"Oddio Bill! Mi hai fatto spaventare!" disse portandosi una mano sul petto "Comunque buongiorno leoncino"
"Awrrr" fece il ragazzo addentando delicatamente una sua guancia "Che combini?" le chiese poi
"Sto cercando di prendere qualcosa di commestibile, ma qui il Braille non c'è e non so nemmeno dove mettere le monetine" disse facendo una smorfia
"Ci penso io. Cosa vuoi prendere?"
"Non so, qualcosa di ipercalorico, dolce e cioccolattoso"
"Stai parlando di me?".
La ragazza rise "Se sei uno snack della macchinetta si"
"Ma così mi possono avere tutte"
"Fai il serio, Bill Kaulitz" disse Alice picchiettandogli una guancia
"Come vuole lei...mmm ti va bene un mars?".
Annuì.
"D'accordo allora che mars sia" e così dicendo infilò le monetine nella fessura e piggiò il bottone. Un secondo dopo un piccolo tonfo si sentì e Bill prelevò la barretta dal cassettino, che poi porse ad Alice.
"Merci" disse baciandolo, poi aprì la carta della ghiottoneria che offrì al ragazzo che l'addentò.
"Ti va di fare quattro passi?" le chiese poi
"Credo che sia un'ottima idea".
Bill la portò sul tetto del grattacielo. Quel giorno nonostante il cielo azzurro ed il sole privo di nuvole soffiava un vento abbastanza violento.
"Ma dove mi hai portata?"
"Siamo sul tetto...a volte venivo qui quando volevo stare da solo"
"E adesso ci vieni con me, però non avviciniamo al cornicione...mi fa impressione sapere di trovarmi sul tetto di un grattacielo con trenta piani e per giunta da cieca"
"Non temere ci sono io con te".
Bill la prese per mano e la condusse vicino al cornicione. Alice sentì una folata di vento colpirla in pieno viso e lasciò la mano del ragazzo per aggrapparsi al suo braccio.
"Ti prego, Bill. Sto morendo di paura!"
"Calmati, sei al sicuro...credi che ti farei cadere?"
"No...ma...".
Il ragazzo avvolse il busto di Alice con le sue braccia facendo aderire la sua schiena contro il suo petto.
"Così va meglio?"
"Si".
Le baciò i capelli e posò la testa sulle spalle di lei.
"Quante volte mi sono affacciato da qui ad osservare quei puntini impazziti sulla strada..."
"Ora non devi farlo più"
"Già non sono più solo..."
"Non lo sei mai stato. Ti ostinavi semplicemente a credere di esserlo"
"No, prima di incontrare te era tutto così diverso..."
"Io non ho fatto niente. Sei stato tu ad uscire dal tunnel nero che ti opprimeva"
"Ti sbagli. Tu hai fatto molto: mi hai fatto innamorare"
"Tu...tu sei come la cioccolata: sei dolce, buono e mi mandi in tilt il cervello".
Bill rise "Sei tu che mi fai diventare così" disse posando il naso contro la guancia della ragazza che accarezzava le braccia attorno al suo ventre.
"Come va con il canto?"
"Molto meglio. Posso terminare di incidere il disco senza rischiare di impazzire, ma ciò non toglie che una volta finito mi prenderò la pausa che mi merito"
"E Fai bene, perchè quando avrò recuperato la vista dovrai farmi vedere un sacco di posti"
"Ovviamente, sarò la tua guida turistica personale"
"Ma che guida turistica sexy che ho"
"Ahah...Comunque dimmi un pò: come mi immagini?" chiese Bill curioso
"Allora nella mia testa sei alto, biondo, hai gli occhi verdi e ti vesti in modo eccentrico"
"Diciamo che sei sulla linea di mezzo: ho i capelli neri e gli occhi castani".
Alice fece una smorfietta "Quando si parte per Chicago?"
"Ahah ora non stai più nella pelle eh? Presto, molto presto. Oggi prenoterò tutto"
"Voglio esserci anch'io!"
"Ok, allora quando usciamo di qui vieni con me".
Restarono un altro pò sul tetto dove la città era ai loro piedi e dove nessuno poteva vederli.